Evoluzione della giurisprudenza e della normativa.
Per comprendere i termini della questione giuridica relativa alla riconsegna del minore al termine del servizio scolastico bisogna premettere che la frequenza da parte di un minore presso un istituto scolastico fa sorgere una pluralità di relazioni rilevanti tra alunno, genitori e sistema scolastico.
Il soggetto che prioritariamente deve essere tutelato è il minore, che, in ragione dell’età, richiede una tutela giuridica rinforzata.
I soggetti che devono prendersi cura del minore sono in primo luogo i genitori, titolari della responsabilità genitoriale, che esercitano nell’interesse del figlio (art. 316 c.c.).
Ai genitori è riconosciuta la facoltà di delegare la custodia del minore a soggetti terzi, a condizione che si tratti di persone capaci e maggiorenni.
L’iscrizione a scuola di un minore obbliga il soggetto affidatario alla vigilanza, al fine di evitare che lo stesso possa arrecare danni a terzi, a sé medesimo o anche possa essere esposto a prevedibili fonti di rischio o a situazioni di pericolo (artt. 2047 e 2048 c.c.).
Così ricostruiti i fondamenti giuridici delle relazioni alunno-genitori-scuola, occorre domandarsi quali siano i limiti spazio-temporali in cui operano le rispettive responsabilità e a quali condizioni possa dirsi cessata la responsabilità degli uni in favore degli altri.
Per dare risposta a tale domanda bisognerà ricostruire l’evoluzione giurispudenziale sul punto.
Nel lontano 1986 la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 5424 ha affermato alcuni principi in tema di “dovere di vigilanza dell’Istituto scolastico cui è stato affidato il minore”.
Secondo la Corte, il dovere di vigilanza si estendeva dal momento in cui aveva avuto inizio l’affidamento fino al momento in cui il minore era stato riconsegnato ai genitori; inoltre, la riconsegna del minore, in considerazione della sua età e del suo sviluppo, poteva essere effettiva o potenziale: doveva essere sempre effettiva nella scuola primaria e potenziale nella scuola secondaria di secondo grado; infine, il modo di esercizio della potestà (ora responsabilità) genitoriale non doveva considerarsi insindacabile da parte del terzo affidatario del minore di talché in ipotesi di disposizioni impartite dai genitori, anche solo potenzialmente pericolose per il minore, il terzo affidatario aveva il potere/dovere di discostarsene.
Quando la Corte distingueva tra riconsegna del minore “effettiva” e “potenziale”, intendeva:
a) nel primo caso, che per interrompere la custodia del soggetto affidatario doveva esserci un soggetto capace cui il minore andava riconsegnato;
b) nel secondo caso, che il minore, se autorizzato dai genitori, poteva tornare a casa da solo.
La Suprema Corte di Cassazione ha ribadito tali principi anche con la pronuncia n. 3074 del 1999.
Tale orientamento giurisprudenziale, che aveva trovato ampio seguito nella prassi, è stato messo in discussione a seguito della pronuncia della Suprema Corte civile n. 21593 del 2017.
La Corte, infatti, nel caso deciso, ha riconosciuto la responsabilità dell’amministrazione scolastica per violazione dell’obbligo di vigilanza nel caso di un ragazzo delle scuole medie, deceduto a seguito di un sinistro stradale, il quale era stato fatto uscire da scuola senza affidarlo ad altro incaricato.
Con tale sentenza la Corte ha, pertanto, escluso che la consegna del minore, anche di età compresa tra gli 11 e i 14 anni, potesse essere potenziale; ha sostenuto, invero, la necessità della riconsegna effettiva alla famiglia del minore fino ai 14 anni di età, in considerazione di quanto previsto dall’art. 591 del codice penale, che testualmente recita: “Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici 14 … della quale abbia la custodia … è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni” (art. 591 c.p.).
La nuova interpretazione del contenuto dell’obbligo di vigilanza, che avrebbe limitato il diritto dei ragazzi ad una graduale acquisizione di autonomia, ha costretto il legislatore ad intervenire, approvando l’art. 19 bis del D.L. 16 ottobre 2017, n. 148, convertito in legge 4 dicembre 2017, n. 172 che consente ai genitori dei minori di età compresa tra gli 11 e i 14 anni, in considerazione dell’età e del grado di autonomia, di autorizzare le istituzioni scolastiche a consentire l’uscita autonoma da scuola.
Detta autorizzazione esonera la scuola e il personale scolastico dalla responsabilità connessa all’obbligo di vigilanza.
Per quanto attiene alle scuole dell’infanzia e alle scuole primarie, il principio della riconsegna effettiva del minore ai genitori non è mai stato posto in discussione.
La questione di maggior interesse per gli operatori scolastici, che hanno a che fare con minori di età compresa tra i tre e i dieci anni, è quella che riguarda la sindacabilità dei modi di esercizio della responsabilità genitoriale.
Ci si riferisce, per esempio, al caso in cui i genitori esercitino la loro responsabilità genitoriale in modo da creare un pericolo, anche solo potenziale, al minore, autorizzandolo ad uscire da solo o accompagnato da soggetto non maggiorenne.
In casi del genere, al docente è riservata una personale valutazione del rischio e l’autorizzazione dei genitori, anche in forma scritta, non costituisce una causa di esonero da responsabilità.
La delega al ritiro per essere valida deve essere conferita ad un soggetto maggiorenne e capace (in questo senso Cass. Pen., sez. V, 2 marzo 2009, n. 9276).
Detto in altri termini, la volontà dei genitori è sempre sindacabile se ed in quanto metta a rischio, anche solo potenzialmente, l’incolumità del minore, che è per definizione è un bene indisponibile da parte di chiunque.
Pertanto non risulta conforme a principi di prudenza e soprattutto di massima tutela dei minori la riconsegna del minore a soggetto non maggiorenne.
Avv. Stefano Giordano e Avv. Barbara De Biasi
Consulenti della FISM Nazionale